Pacchetto Omnibus approvato: cosa cambia per la direttiva CSRD e CSDDDIl contesto normativoL'accordo raggiunto: i punti chiave del Pacchetto OmnibusLe conseguenze per il mercatoCosa devono fare ora le aziendeCome NATIVA può aiutarti

Pacchetto Omnibus approvato: cosa cambia per la direttiva CSRD e CSDDD

2025

Pacchetto Omnibus NATIVA

Il contesto normativo

Dopo mesi di intenso dibattito, il Parlamento Europeo ha approvato l'accordo finale sul Pacchetto Omnibus, emerso dal trilogo tra Consiglio Europeo, Commissione Europea e Parlamento. Presentato per la prima volta il 26 febbraio 2025 dalla Commissione europea, questo pacchetto modifica ora profondamente alcune direttive chiave del Green Deal europeo.

La Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), che disciplina la rendicontazione di sostenibilità aziendale era entrata in vigore il 5 gennaio 2023, mentre la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD), che introduce obblighi di due diligence per diritti umani e ambiente, era entrata in vigore il 25 luglio dello stesso anno.

Ora, a distanza di pochi anni, il Pacchetto Omnibus ne ridefinisce profondamente il perimetro applicativo. 

L'accordo raggiunto: i punti chiave del Pacchetto Omnibus

Il nuovo accordo ridisegna lo scenario normativo con cambiamenti significativi per entrambe le direttive.

  • Le nuove soglie per la direttiva CSRD sono fissate a 1.000 dipendenti (FTE) e 450 milioni di euro di fatturato netto. Per la direttiva CSDDD, le soglie passano a 5.000 dipendenti e 1,5 miliardi di euro di fatturato.
  • È stato rimosso l’obbligo di implementazione dei Piani di Transizione Climatica che era previsto nella CSDDD.
  • Value Chain Cap: l'accordo limita la quantità di informazioni che le aziende possono richiedere alle imprese più piccole all'interno delle loro catene di fornitura, consentendo a quelle con meno di 1.000 dipendenti di rifiutarsi di fornire ulteriori informazioni di rendicontazione oltre a quelle delineate nello  standard volontario di rendicontazione sulla sostenibilità per le PMI (VSME).
  • Cambia l’approccio alla due diligence. Le imprese dovranno concentrarsi sulle aree della catena del valore dove gli impatti negativi sono più probabili, senza necessità di mappatura completa ma solo di un esercizio di scoping. Inoltre, quando gli impatti saranno ugualmente gravi in diverse aree, le imprese potranno dare priorità ai partner commerciali diretti.
  • La trasposizione della direttiva CSDDD viene posticipata di un altro anno. Le aziende in scope dovranno essere conformi entro luglio 2029.

Le conseguenze per il mercato

Il nuovo accordo riduce drasticamente il numero di aziende soggette alle due direttive. Per la CSRD, si passa da circa 47.000 imprese a circa 4.700 – una riduzione del 90%. Per la CSDDD, il calo è del 70%: da circa 7.000 imprese a poco più di 2.000.

Se da un lato una semplificazione degli oneri e degli standard era stata chiesta da numerose aziende, la riduzione così ampia del perimetro comporta il rischio di una minore comparabilità e trasparenza sul mercato – anche per investitori – e che quindi una parte delle imprese riesca a valorizzare la propria performance di sostenibilità agli occhi di questi stakeholder.

È importante sottolineare come l’accordo raggiunto su Omnibus introduca una clausola che prevede una possibile estensione futura dello scope sia per la direttiva CSRD che per la CSDDD. Questo elemento rivela come i legislatori stessi nutrano dubbi sulla severità delle riduzioni operate, lasciando aperto gli scenari futuri.

I Piani di Transizione Climatica vengono mantenuti all'interno della Corporate Sustainability Reporting Directive, che prevede che le aziende rendicontino sulle loro strategie di transizione climatica. Diversa la sorte all'interno della CSDDD, dove l'obbligo di implementazione dei piani di transizione viene eliminato. La Banca Centrale Europea ha chiarito come richiedere solo l'adozione – senza una reale implementazione – dei Piani di Transizione comporti rischi di ambiguità, greenwashing e allocazione inefficace dei capitali, compromettendo sia la fiducia dei mercati sia un'effettiva tutela dei consumatori. Inoltre, in assenza di dati affidabili e comparabili sull'effettiva realizzazione delle strategie di decarbonizzazione, le imprese – soprattutto le PMI – rischiano di essere percepite come soggetti a elevato rischio climatico e quindi di essere escluse dalle opportunità di finanziamento. In questo scenario, la leadership volontaria delle imprese sarà fondamentale.

Cosa devono fare ora le aziende

Per le grandi imprese: verificare il proprio perimetro

Le aziende di grandi dimensioni devono innanzitutto verificare se rientrano ancora nello scope delle direttive modificate. Per quanto riguarda la Corporate Sustainability Reporting Directive, è cruciale monitorare la semplificazione degli standard ESRS: l'EFRAG ha infatti proposto una significativa semplificazione, riducendo del 70% i data point, passando da 1.073 a soli 320. La revisione degli standard è ora in mano alla Commissione Europea, che condurrà consultazioni interne ed esterne e si confronterà con Parlamento e Consiglio. L'obiettivo dell’EU è che gli standard rivisti si applichino dall'anno fiscale 2027, con una possibile applicazione anticipata già dal 2026 (ancora da confermare). 

Per le altre aziende: essere fuori dallo scope non significa essere dal fuori mercato

Anche se la CSRD e la CSDDD cambiano, le aspettative degli stakeholder non variano – in particolare quelle dei partner commerciali, investitori e banche. Questa semplificazione non modifica il fatto che la sostenibilità rimanga una questione di competitività, di accesso al capitale, alle filiere, al talento e alla reputazione. Cambia dunque il perimetro legale, non la direzione del mercato.

In questo scenario, l’azione intenzionale da parte delle imprese basata su una strategia di evoluzione solida, una governance che integri valutazioni d’impatto economico, ambientale e sociale in tutti i processi decisionali e l’accesso ai dati sul proprio business, rimane fondamentale. È per questo che rimane importante continuare a investire in sostenibilità – come stanno facendo moltissime PMI in Europa.

Per quanto riguarda la trasparenza e la rendicontazione, l'EFRAG ha già sviluppato per le imprese fuori dalla CSRD gli standard volontari VSME (Voluntary Standard for SMEs), semplificati rispetto agli ESRS, che permettono di:

  • Fornire informazioni che soddisfano le esigenze di dati delle grandi imprese che richiedono informazioni sulla sostenibilità ai propri fornitori;
  • Rispondere alle richieste di dati da parte di banche e investitori, facilitando l'accesso ai rating ESG al credito;
  • Essere già pronti e allineati per eventuali evoluzioni degli standard europei.

Come NATIVA può aiutarti

In un periodo di continui cambi normativi è importante essere consapevoli di cosa è rilevante e cosa no per la propria azienda e quali ulteriori evoluzioni possono nascere sul mercato.

NATIVA può aiutarti a orientarti in questo scenario e supportarti nel guidare la tua strategia di sostenibilità, districandoti tra la volontà di generare valore economico, sociale e ambientale e gli obblighi di compliance e trasparenza.

Mettiamo a tua disposizione la nostra conoscenza profonda nel campo della sostenibilità e della business transformation, come anche delle normative europee, avendo supportato nella redazione del CSRD numerose aziende tra cui OVS, Italcer e Kiton.

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