Editoriale pubblicato il 14 ottobre 2024 su Corriere Imprese Nord Est, a firma di Paolo Di Cesare – co-founder di NATIVA.
In Italia, luogo globalmente riconosciuto come laboratorio di creatività e innovazione, il dibattito sul management delle imprese familiari si è arricchito con due nuovi temi, sostenibilità e legacy, che portano sfumature inedite e promettenti e aprono un potenziale di sviluppo tutt’ora inespresso e di magnitudo illimitata.
L’impresa italiana ha un DNA speciale: la connessione con il territorio, il supporto e l’apporto della comunità in cui opera, che le consentono da sempre di esprimere il suo più profondo significato. La conversazione e la regolamentazione sulla sostenibilità ambientale e sociale delle imprese è già viva grazie all’agenda europea. In questo scenario, è il concetto di legacy e il suo significato che meritano uno spazio di discussione nuovo e vivace.
Il termine «legacy» viene generalmente associato al concetto di eredità che, a sua volta, rimanda ad un significato di tipo materiale o semplicemente economico. La definizione che propongo, invece, aspira a un’altra dimensione. La legacy è l’impatto generato da un evento, da un comportamento, dall’azione di un individuo o di un’organizzazione, che si propaga oltre il tempo e lo spazio. Questo impatto valica i confini fisici del luogo in cui prende forma, e ha la forza di influenzare e trasformare la cultura e i comportamenti di generazioni, anche molto distanti, per decenni a venire.
Gli esempi di legacy sono innumerevoli e per metterne a fuoco i contorni ne propongo tre.
Tutte e tutti conosciamo la legacy della Olivetti, il cui modello di impresa suscita ammirazione e ispira ancora oggi migliaia di imprenditrici e imprenditori nel mondo. Ma la Olivetti è stata sorgente di innumerevoli espressioni di legacy. Nei suoi laboratori si concretizzò un’idea: consentire a chi usava la macchina da scrivere di scegliere un carattere o font alternativo rispetto alla scelta univoca disponibile fino ad allora. Da quel momento, con l’introduzione di una testina rotante, è diventato possibile esprimere il carattere della propria scrittura attraverso la scelta del carattere tipografico. Il menù a tendina, comunemente usato oggi, è il frutto di un’intuizione che ha rotto lo schema rigido dello stile unico, consentendoci di esprimerci con una libertà che non pensavamo di avere, dando spazio a una maggiore creatività e capacità espressiva.
Il secondo esempio lo troviamo nel genio di Bruno Munari, artista e designer globale, che nei primi anni ‘70 realizzò una raccolta di invenzioni – dalla mezzaluna all’ombrello, dal pallone da calcio alla sdraio, oggetti con una caratteristica in comune: è ignoto il nome della persona che li ha inventati. Al lavoro di Munari fu assegnato il più prestigioso premio di design al mondo, il Compasso d’Oro. La legacy di questi utensili vibra ancora oggi e ci dimostra che essa può essere imprevedibile, manifestandosi anche senza una chiara volontà.
Il terzo esempio affonda le radici nel Rinascimento, un periodo caratterizzato da una nuova ventata del possibile e da una riscoperta della centralità dell’essere umano, che emerge a colori, rompendo il bianco e nero del Medioevo. Una legacy è tutt’ora presente nell’arte, nel pensiero, nella cultura e nell’architettura. Ma la sua forza maggiore è stata nel dimostrare che è possibile rompere il paradigma e realizzare qualcosa di impensabile.
Queste tre storie molto diverse tra loro hanno un elemento in comune: non sono solo arrivate fino a noi, ma ci hanno cambiato profondamente. La prima ha espanso la nostra capacità di immaginare e esprimerci. La seconda ci mostra come la legacy possa essere inconsapevole e anonima, evidenziando l’importanza di costruirla intenzionalmente. La terza ci insegna che un salto evolutivo è possibile. Davanti alle grandi sfide sociali e ambientali del XXI secolo queste storie ci danno una nuova speranza, invitando le generazioni di oggi a introdurre una legacy intenzionale come finalità dell’impresa. Per cosa vogliamo essere ricordati? Come quelli che hanno avuto il coraggio di rompere il paradigma esistente o come coloro che hanno indugiato nello status quo?
Le imprese familiari sono i primi attori economici e sociali che possono cogliere la sfida di questa domanda e progettare intenzionalmente la loro legacy, non solo nel futuro ma «per» il futuro.